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Come migliorare la qualità e ridurre gli scarti nell’industria

Nell’industria il termine qualità ha assunto e assume molti significati diversi, anche in funzione del momento storico. Quando si parla di produzione industriale le cose non sono diverse, ma in questo ambito una delle evoluzioni concettuali più importanti degli ultimi anni è stata passare dalla nozione di qualità come assenza di difetti a quella di qualità “totale”. La prima è immediatamente percepibile ed è frutto di un processo di progettazione e produzione via via ottimizzato sino ad arrivare alla (ipotetica) difettosità zero. La seconda è un concetto più articolato e si ottiene perseguendo il soddisfacimento dei bisogni del consumatore a qualsiasi livello del processo ideativo e produttivo.

Non sono due concezioni della qualità così distanti e anche la qualità totale può sembrare una visione astratta ma è in realtà molto concreta, specie ora che le aziende più “digitali” stanno in un certo senso chiudendo il cerchio della produzione portando il cliente finale stesso al centro della progettazione e dell’ideazione di nuovi prodotti. La qualità totale rappresenta, infatti, un percorso partecipativo. È un nuovo modo di lavorare e una diversa filosofia delle relazioni industriali, concepito per offrire prodotti flessibili e rispondenti alle mutevoli domande del mercato.

Ci sono molte caratterizzazioni della qualità totale e, in maniera più specifica, del suo raggiungimento attraverso il cosiddetto Total Quality Management (TQM). La novità rispetto alla concezione tradizionale della qualità è che l’attenzione si sposta dal controllo delle difettosità del prodotto finito all’intero processo di produzione: se questo non ha “difetti” – in senso lato – allora non li avrà nemmeno il prodotto finale. Ciò significa tra l’altro spostare l’attenzione a monte della produzione vera e propria, per esempio concentrandosi anche sull’approvvigionamento delle materie prime e persino sui processi dei fornitori.

È il concetto della supply chain estesa che può essere portato avanti efficacemente solo mediante piattaforme ERP o gestionali adeguate, possibilmente aperte e condivise con tutta la catena del valore. Sono queste che migliorano l’uso degli asset produttivi, portano automazione ed efficienza agli impianti, realizzano produzioni “right-first-time” grazie alla possibilità di intervenire tempestivamente sulle deviazioni di fuori specifica. Analizzando in profondità tutte le variabili che possono influire sul processo di produzione si può ottimizzarlo progressivamente e, in ultima analisi, arrivare a migliorarne la qualità riducendone via via gli scarti.

Qui un valido sostegno alla produzione può arrivare dal ricorso a una rappresentazione di prodotto interamente digitale realizzata attraverso la prototipazione virtuale. Partendo da questa è possibile abilitare la simulazione funzionale, l’analisi delle tolleranze, i test dimensionali e altre funzioni che riducono al minimo la possibilità di errori in produzione.

All’aspetto della qualità come processo corrisponde anche quello della qualità tecnica, anche in questo caso non intesa semplicemente come mancanza di difettosità ma come aderenza del prodotto alle esigenze del cliente. Per ottenerla - e mantenere posizioni competitive in un contesto globale sempre più concorrenziale - occorre anche in questo caso adottare nuove tecnologie. Per esempio, in questo processo giocano un ruolo fondamentale i dati raccolti prima, durante e dopo la produzione.

Dai classici studi di marketing sino alla raccolta in tempo reale di dati sull’utilizzo effettivo dei prodotti, tipica del modello Internet of Things, è possibile capire come ottimizzare le generazioni successive dei prodotti stessi, evitando in questo modo problemi tecnici e raggiungendo in definitiva una maggiore soddisfazione del cliente.

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