Quanto spazio dedica il PNRR alla transizione digitale? Quali opportunità offre, in particolare, a quelle PMI che vogliano adeguare il proprio modello di business al “new normal” per competere con più risultati?
Partiamo da alcuni dati generali sul livello di digitalizzazione nel nostro Paese. Segnalano come, anche al di fuori del contesto economico, ci sia ancora parecchia strada da fare. Il DESI 2021 (Digital Economy and Society Index) evidenzia un gap tra il nostro Paese e gli altri Stati europei. Con un ranking che si attesta al 20° posto su 27, l’Italia si posiziona nella fascia bassa per accesso ai mezzi digitali e consapevolezza sul loro impiego.
Per quanto riguarda le aziende, il quadro è più in chiaroscuro. Sempre secondo il DESI, le PMI hanno raggiunto nel 2021 un livello di intensità digitale del 69%, al di sopra della media UE del 60%. La transizione digitale è avanzata per alcuni processi, come la fatturazione elettronica, ma meno per altri, segnatamente quelli che coinvolgono l’AI, i big data e l’ecommerce.
Per quanto riguarda le dinamiche, la transizione digitale ha avuto una forte accelerazione negli ultimi anni. Una spinta notevole è stata data, anche alle PMI, da eventi disruptive come il lockdown del 2020, che ha praticamente imposto degli investimenti nello smart working. Così, secondo l’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano (Polimi), le aziende con all’attivo almeno soluzioni parziali di lavoro agile sono passate dal 30% nel 2019 al 53% nel 2021.
La spinta alla transizione è confermata anche da altri dati. Sempre secondo l’Osservatorio del Polimi, il budget che le PMI hanno allocato all’ICT è cresciuto del 26% nel 2021. E continua a crescere, secondo un sondaggio per cui il 40% delle PMI prevede di aumentare il budget per l’ICT anche per il 2022.
I dati sembrano dunque suggerire che le PMI abbiano tutta l’intenzione di completare la loro transizione digitale. In diversi casi, però, questa intenzione si trova frustrata da problemi strutturali, e su questi può agire con successo un intervento su larga scala come quello del PNRR.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, infatti, nasce proprio per rimuovere strutturalmente gli ostacoli e favorire una ripresa anche del nostro tessuto economico. Per questo prevede stanziamenti importanti lungo più direttrici di sviluppo, delle quali la transizione digitale è una delle principali.
Se allora, secondo l’indice DESI, per la piena maturazione digitale del nostro Paese serve migliorare in competenze e connettività, gli investimenti del PNRR potrebbero tornare molto utili. Favorendo la diffusione delle digital skills e un efficientamento delle infrastrutture di rete, potrebbero formare un ambiente più accogliente per quelle aziende che vogliono innovare e competere.
Uno degli obiettivi definiti dal PNRR, in particolare dalla missione 1, è infatti quello di raggiungere tutto il Paese con banda ultra-larga entro il 2026. L’accesso alle reti di nuova generazione è sicuramente un fattore critico per la competitività delle PMI, in particolare per chi lavora fuori dai grandi centri urbani. Se infatti alle aziende del futuro è richiesta l’elaborazione quasi istantanea di sempre maggiori quantità di dati, servono allora infrastrutture di rete stabili, efficienti e capillarmente distribuite.
Un altro obiettivo del PNRR può favorire ulteriormente la maturazione digitale delle PMI, e riguarda gli investimenti in formazione digitale. Mira a far crescere le digital skills a tutti i livelli, ma in particolare in azienda, con crediti d’imposta specifici per chi investe in formazione.
Migliori competenze su usi e applicazioni del digitale potrebbero risolvere uno dei pericoli di una transizione digitale non adeguatamente ragionata. Sarebbe infatti meglio evitare un approccio “fai-da-te”, influenzato dai trend tecnologici del momento e che rischia di sprecare risorse in soluzioni non produttive, perché poco adatte o male armonizzate nell’ecosistema dell’azienda.
Proprio per quanto riguarda le risorse da stanziare, il PNRR prevede anche forme di supporto diretto alla digitalizzazione delle aziende tramite lo strumento già sperimentato degli ammortamenti e dei finanziamenti. All’interno del PNRR, così, viene rinnovato il Piano Transizione 4.0, con un ampliamento del bacino d’utenza e una diversa leva finanziaria, quella dell’iperammortamento. Questo piano viene rifinanziato con un investimento significativo, che supera i 13 miliardi. Di questi, il 10% viene destinato all’acquisto di beni intangibili, come i servizi di cloud computing o di data analytics, e in generale a quelli che nel Piano vengono chiamati “beni 4.0”.
Nelle parole del documento, i beni 4.0 sono “beni materiali e immateriali direttamente connessi alla trasformazione digitale dei processi produttivi”. Rientrano in tale definizione anche sistemi di gestione aziendale evoluta, in grado di controllare e abilitare tale trasformazione con ricadute positive in termini di efficienza, tagli ai costi e livelli di servizio.
In conclusione, quella offerta dal PNRR per la transizione digitale delle PMI è un’opportunità importante. Un’occasione per aumentare significativamente il livello di maturazione digitale, e cogliere tutti i vantaggi di una digitalizzazione mirata e consapevole.